giovedì 10 dicembre 2009

Laboratorio Integrato di Progetto e Società. Abitare ROM

L'incontro con ISF

Era il 4 novembre quando Erika, un membro attivo di Ingegneria Senza Frontiere - Cagliari, mi ha proposto di collaborare ad un progetto di cooperazione locale relativo al campo nomadi comunale SS 554.

È il primo anno che ho un Corso all’Università. Ero all’inizio, una fase in cui proponevo agli studenti esercizi in forma di racconti/descrizioni spaziali, attraverso pratiche “indiziarie” di osservazione e ascolto di fenomeni attuali. Ancora non avevo deciso il tema di progetto, sapevo solo che avrei voluto occuparmi delle micro-comunità di extracomunitari che abitano il nostro centro storico. Lo scopo era prima di tutto quello di renderle visibili, a partire dall’interpretazione dei modi d’uso dello spazio, e successivamente di generare visioni inedite.

Quindi, l’invito dei ragazzi di ISF, a guardare alle problematiche della comunità rom della 554, mi è sembrato una meravigliosa opportunità didattica, ma anche una scelta precisa di assunzione di responsabilità, rispetto ad una questione irrisolta e poco conosciuta. Il disagio sociale troppo spesso è alimentato da quello abitativo e come architetti, abbiamo il dovere professionale –oltreché civile -, di provare a dare delle risposte in termini progettuali a queste forme di povertà e marginalità.

In meno di una settimana insieme all’associazione abbiamo organizzato un ciclo di seminari di formazione (vedi programma). Non si poteva pensare di affrontare un tema così complesso, senza prima costruire un quadro conoscitivo di sfondo. Tanto più che attivare un processo di in-formazione, passando attraverso lo studio della storia e della cultura di questo popolo, sembrava essere l’unico modo per superare i pregiudizi e gli stereotipi di cui l’argomento è portare.

È stato un avvicinamento intenso, teso a proiettarci tutti all'interno di una cultura "altra".

Questo ciclo si è appena concluso e gli studenti stanno preparando un dossier nel quale raccogliere approfondimenti sulle tematiche su cui sono stati chiamati a riflettere. Il quaderno contribuirà a comporre una immagine nuova (diversa da quella stereotipata) da cui ripartire per costruire nuove relazioni e opportunità.

Nel frattempo, insieme ai volontari dell’Associazione, io, Valeria e Claudia abbiamo aperto la strada del dialogo con gli abitanti del campo, siamo entrati nelle case, nella scuola, iniziamo a chiamare le persone per nome.

Barbara

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